A tutte le persone che leggeranno questo racconto, consiglio di immergersi nei panni della protagonista Sofia e dei suoi amici Matteo e Carolina.
Finalmente era arrivato il giorno del mio quindicesimo compleanno! Il 10 novembre, la data che aspettavo ormai da tempo.
Mi alzai di colpo e andai a scartare il mio regalo. Strappai la carta regalo di colore rosso in un colpo solo: era la torcia che avevo chiesto all’inizio di settembre, quando avevo visto quell’interessante vetrina di cianfrusaglie.
Ringraziai mamma e papà, chiamai subito i miei amici Matteo e Carolina, che erano anche loro impazienti di vedere la mia nuova torcia, e dissi loro che alle 17:00 ci saremmo trovati al parco. Arrivarono velocemente le 17:00 e al parco feci vedere loro la mia torcia, rimasero sorpresi dalla sua bellezza.
Matteo mi chiese se la sera stessa, dopo aver mangiato alla pizzeria della piazza, avremmo potuto provarla, dato che a quell’ora del pomeriggio era ancora chiaro.
Io fui d’accordo, non vedevo l’ora di provarla.
Passammo tutto il pomeriggio a parlare, a fare gli scherzi telefonici e a postare i nostri selfie su Instagram, insomma le solite cose che fanno i ragazzini della nostra età quando escono.
Erano le 19:30 e avevamo molta fame, così ci avviammo verso la pizzeria, io presi la pizza alle zucchine e i mie due amici la pizza margherita.
Finito di mangiare andammo a fare un giro.
A Carolina venne in mente che ormai si era fatto buio e allora mi chiese se potevamo provare la torcia. La tirai fuori dal mio zaino, schiacciai il pulsante ON e la puntai sul marciapiede. Faceva molta luce, una luce bianca e intensa.
Era una sera calda e mentre camminavamo puntai la torcia su tutte le case che vedevo.
Ad un certo punto la torcia andò ad illuminare una vecchia casa che ormai cadeva a pezzi, ma notai che era una casa suntuosa e i suoi antichi proprietari erano di sicuro nobili illustri.
Io, Carolina e Matteo decidemmo di esplorarla. Davanti alla casa c’era un cancello molto alto in ferro battuto, pieno di decorazioni barocche.
Mentre ci stavamo avvicinando esso si spalancò da solo; ci guardammo terrorizzati, ma visto che a scuola la prof., mentre studiavamo il racconto horror ci aveva citato la frase “Un giorno la paura bussò alla porta, il coraggio si alzò, andò ad aprire e vide che non c’era nessuno”, mi ricordai che in quel caso la paura era scappata, perciò io e i miei amici, con grande coraggio, entrammo in quel cancello.
L’ atmosfera era diventata cupa e inquietante, si sentivano diversi rumori, il fruscio del vento che andava a sbattere contro i rami secchi.
Il giardino era enorme e numerosi alberi si alzavano sopra le nostre teste.
Ci vennero i brividi, ma nello stesso tempo il coraggio era con noi. Il portone, cigolando, si aprì grazie a un colpo di vento improvviso che si abbatté su di esso.
Nella casa non si vedeva niente e gli interrutori per le luci non c’erano, allora accesi la torcia; ora sì che vedevamo quell’orrore di casa! La prima cosa che fece spaventare Carolina erano dei ratti morti sulle piastrelle rovinate e delle statue saccheggiate, costellate di ragnatele.
Con sangue freddo salimmo le scale a chiocciola, fatte in legno, piene di scarafaggi morti. Appena i nostri piedi sfioravano i gradini, essi scricchiolavano.
Le camere da letto erano grandi come i nostri tre salotti messi insieme. Stringendo la mano ai miei amici la paura diminuì.
Entrammo in una delle camere. Carolina piangeva, ma neanche lei sapeva bene quale fosse il motivo. Ci sedemmo sul letto, davanti a noi c’era un grande specchio.
Mentre io e Matteo cercavamo di tranquillizzare Carolina, nello specchio si rifletteva dietro di noi una figura nera, che piano piano, avvicinandosi, si definiva sempre meglio nei suoi contorni.
Era un clown. Era alto e magro, la sua pelle era pallida, il suo naso rosso come un peperone, i suoi occhi erano gialli, la sua bocca larga e i suoi capelli ricci e blu. I suoi occhi erano aperti e, mentre muoveva la testa in modo inquietante, la sua bocca si allargava sempre di più e i suoi denti bianchi con la punta sporca di sangue sembrava che si avvicinassero sempre di più al nostro collo. Era vestito in un modo bizzarro con una salopette nera a righe bianche sotto la quale si intravedeva una maglietta gialla schizzata di sangue.
Io e i miei amici urlavamo come dei pazzi, tutto il quartiere ci sentì, qualcuno chiamò la polizia, ma quando questa arrivò era troppo tardi e i nostri corpi erano scomparsi. Le uniche tracce erano i residui dei nostri occhi davanti allo specchio macchiato di sangue.
Racconto di Sofia Albano, 2 D
Bellissimo!! è un racconto horror molto bello soprattutto perchè sa farti venire i brividi!! COMPLIMENTI!
Oddio mi sono venuti i brividi. BRAVISSIMAAA ♡ complimenti!